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Stipendio giusto: benchmark retributivo e calcolo retribuzione netta

Non è facile calcolare lo stipendio giusto. Fare il benchmark retributivo è il modo migliore per capire se l’importo economico percepito o proposto è quello corretto. Lo stipendio medio in Italia, quanto guadagnano alcuni dei profili più richiesti in ambito digital, come calcolare lo stipendio netto. Queste e altre informazioni utili relative alle retribuzioni in Italia

Pubblicato il 07 Dic 2022

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Conoscere lo stipendio giusto è utile sia al lavoratore sia all’azienda. Il lavoratore prima di accettare un’offerta di lavoro o pensare di cambiare l’attuale avrà un parametro sul quale misurare la convenienza di entrambe le decisioni; le aziende potranno usare lo stesso parametro per definire le strategie sul personale in relazione agli obiettivi di business. Nuove assunzioni, aumenti di stipendio, attivazione di benefit sono solo alcune delle azioni per le quali conoscere lo stipendio giusto delle posizioni lavorative all’interno del proprio ambito risulta essere molto importante.

Confronto stipendio medio in Italia, dal dirigente all’operaio

Secondo l’analisi del mercato retributivo italiano realizzata da Job Pricing, che ha a disposizione un database di 500mila profili retributivi relativi a lavoratori dipendenti di aziende private raccolti durante il periodo 2014-2021, JP Salary Outlook 2022, lo stipendio medio in Italia varia sulla base di sei elementi: settore professionale, ruoli nel settore, dimensioni dell’azienda, genere, età e livello di istruzione.

In generale lo studio evidenzia come il potere d’acquisto dei lavoratori italiani stia diminuendo con i prezzi che crescono più delle retribuzioni e permane una forte differenza tra le retribuzioni medie annue del Nord e quelle di Sud e isole che tocca quota  3.800,00 euro in termini di RAL, meno marcata la differenza tra Nord e Centro che si attesta intorno a mille euro.

Se ci focalizziamo poi  sulle industry vediamo che il settore finanziario è quello più paga, con una RAL di 43.004 euro, di contro, Agricoltura è quello che paga meno, con 24.179 euro. Rispetto alla media nazionale di 29.301, oltre ai Servizi Finanziari, troviamo sopra il settore delle Utilities (31.556 euro), l’Industria di Processo (31.245 euro) e Manifatturiera (29.922 euro), mentre al di sotto, insieme ad Agricoltura, ci sono Commercio (28.688 euro), i Servizi (28.275) ed Edilizia (26.315 euro).

Se ci focalizziamo poi  sulle industry vediamo che il settore finanziario è quello che nel 2020 registra una retribuzione annuale lorda (RAL) media più alta pari a 42.773 euro, di contro l’agricoltura è il settore che paga meno, con 24.038 euro. Sopra alla media nazionale di 29.222 euro, oltre ai servizi finanziari, troviamo il settore delle utilities (31.309 euro), l’industria di processo (31.178 euro) e manifatturiera (30.062 euro), mentre al di sotto, insieme all’agricoltura, ci sono i servizi, (28.315 euro), il commercio (28.074 euro) e l’edilizia (26.080 euro). Concentrandoci ora sul ruolo ricoperto all’interno dell’azienda, l’indagine rivela che la retribuzione annuale lorda (RAL) di un dirigente in Italia è di 102.963 euro, 54.511 euro per un quadro, 30.925 euro per un impiegato e 24.627 euro per un operaio.

La dimensione aziendale è un altro dei fattori del lato della domanda di lavoro estremamente importante nella determinazione dei salari. I dipendenti delle grandi imprese guadagnano, in media, di più rispetto a quelli delle piccole imprese. La RAL media per le imprese Micro è pari a 25.747 euro, mentre per i lavoratori delle Grandi imprese si arriva a 37.149 euro: la differenza è circa del 44 per cento.

Inoltre l’analisi ha messo in luce che persiste un evidente gender gap salariale a sfavore delle donne. Nell’ultimo anno, infatti, il differenziale medio fra uomini e donne misurato in termini di RGA (Retribuzioni Globali Annue sono il risultato della RAL più la somma totale della retribuzione variabile) è passato dal 12,8 per cento del 2020 a 13,9 per cento per cento, pari a quasi 4mila euro lordi: è come se nel 2021 le donne in media avessero iniziato a percepire un salario, non dal 1° gennaio, ma dal 13 febbraio.

Le regioni italiane dove lo stipendio medio lordo è più alto

L’Osservatorio Job Pricing ha altresì recentemente calcolato in quale delle regioni italiane lo stipendio medio lordo è più alto. Secondo il Geography Index 2022, questo il nome della classifica retributiva delle province e regioni italiane, solo 8 regioni su 20 sono sopra la media nazionale: Lombardia, Trentino-Alto Adige, Lazio, Liguria, Emilia-Romagna Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia sono le province che hanno una RGA media superiore alla media nazionale. Tutte le altre regioni hanno retribuzioni inferiori alla media nazionale. La Lombardia si conferma prima in classifica con una RGA di 32.191 euro, circa 693 euro di più rispetto al Trentino – Alto Adige che si colloca al secondo posto in classifica con una RGA di 31.501 euro. Il Lazio conquista il terzo posto del podio con una RGA 31.016 euro, è quasi 1.200 euro sopra la media nazionale. Peggiora la Sardegna che scivola dalla quattordicesima alla diciassettesima posizione con una RGA di 26.486 euro, più di 3.300 euro sotto la media nazionale. Salgono di 2 posizioni Piemonte, Valle d’Aosta e Puglia con il Piemonte che passa dall’ottava posizione alla sesta con una RGA di 30.273 euro in linea con la media nazionale, la Valle d’Aosta dalla nona posizione va in settima con una RGA di 30.193 euro in linea con la media nazionale. La Puglia sale dalla diciottesima posizione alla quindicesima con una RGA di 26.618 euro, inferiore di più di 3.200 euro rispetto alla media nazionale. Gli ultimi posti sono occupati da Sicilia, Calabria e Basilicata che restano nelle stesse posizioni rispetto alla classifica 2021 la Sicilia (terzultima; RGA 26.205 euro), la Calabria (penultima; RGA 25.698 euro) e la Basilicata ultima in classifica (ultima; RGA 25.317 euro)

Benchmark retributivo: il confronto stipendi nel settore digital

Fare benchmark retributivo, ovvero confrontare la retribuzione di un lavoratore con quella di mercato, è utile a aziende e lavoratori per tutti i motivi elencanti all’inizio, e anche di più.

Oggi come oggi, uno dei settori lavorativi più in fermento è il digitale. La spinta ricevuta dalla pandemia ad adottare nuove tecnologie in tutte le tipologie di business ha fatto esplodere la richiesta di diverse, più o meno nuove, figure: dal Social Media Manager all’esperto di Big Data, dal Web Content Manager al Data Entry. Facciamo dunque un confronto stipendi tra le professioni digitali emergenti.

Lo stipendio medio annuale di un professionista dei Big Data si aggira intorno ai 37.000 euro lordi. Più nel dettaglio, un Data Analyst prende in media uno stipendio lordo annuale pari a 34.500 euro (circa 1.800 euro netti al mese), mentre un Data Scientist prende di media in un anno 39.000 euro lordi (circa 2.000 euro netti al mese), il suo stipendio massimo può superare i 110.000 euro lordi all’anno. Una media di 34.500 euro lordi all’anno (circa 1.810 euro netti al mese) è quanto prende il Web Content Manager, responsabile dei contenuti online, crea, ottimizza, organizza, i testi funzionali alla strategia di comunicazione del brand. Dall’altra parte il Data Entry, sebbene meno creativo è certamente alla base di molte attività, registra uno stipendio medio annuale di circa 16.900 euro lordi, pari 1.000 euro netti al mese. Per un Web Marketing Manager lo stipendio medio lordo annuale arriva a 57.500 euro (circa 2.720 euro netti al mese), il suo stipendio massimo può superare i 115.000 euro lordi all’anno. Il Social Media Manager invece tocca i 35.000 euro lordi l’anno in media (circa 1.800 euro netti al mese). L’esperto del lato estetico del web e della sua usability, il Web Designer, ha uno stipendio medio lordo annuale di 27.500 euro (circa 1.500 euro nette al mese). Chi il sito materialmente lo crea sin dalla sua prima stringa di codice, lo Sviluppatore Software, arriva a prendere annualmente 31.500 euro lordi (circa 1.700 euro al mese nette).

Stipendio lordo e calcolo stipendio netto mensile, come funziona la busta paga

Abbiamo parlato già di stipendio netto e stipendio lordo e RAL, ma cerchiamo di capire meglio come funziona una busta paga, ovvero come separare lo stipendio lordo dal netto.

Prima di tutto però facciamo chiarezza sui termini. Lo stipendio lordo equivale alla retribuzione mensile compresa di contributi e tasse che invece non sono presenti nello stipendio netto corrispondente così all’effettivo guadagno del lavoratore. Moltiplicando lo stipendio lordo mensile per il numero delle mensilità da contratto (12, 13 o 14) si ottiene la RAL, retribuzione annua lorda come dicevamo. Se dunque ci si stesse chiedendo RAL 30k cosa significa ora è chiaro che si sta parlando di uno stipendio annuo lordo pari a 30mila euro.

Ora, se noi volessimo calcolare lo stipendio netto mensile di una posizione che ci viene offerta basterebbe venire a conoscenza della RAL. Esistono infatti degli strumenti gratuiti sul web appositamente creati per il calcolo dello stipendio netto. I dati richiesti sono in primis la RAL, seguono la regione di residenza per applicare l’Irpef corretta, il numero di mensilità, i giorni di lavoro dipendente in un anno solare, eventuale coniuge, figlio o familiare a carico. Una volta fornite queste informazioni il sistema procede con i suoi calcoli e restituisce una cifra verosimilmente vicina allo stipendio giusto mensile netto che si andrebbe a percepire.

Il cuneo fiscale in Italia: ancora troppe tasse sul lavoro

La differenza tra lo stipendio lordo versato dall’azienda e lo stipendio netto intascato dal lavoratore viene definita “cuneo fiscale”. Il cuneo è più o meno ampio a seconda del sistema fiscale e contributivo applicato.

Secondo l’ultima edizione del rapporto Taxing Wages 2022 dell’Ocse, l’Italia è il quinto Paese nell’area per cuneo fiscale, quindi uno dei più alti in assoluto, con il 46,5% (in leggero calo rispetto al 2020 del -0,41%), contro una media del 34,6%.

Lo stipendio minimo in Italia, come funziona

Sono i contratti collettivi a determinare l’importo dello stipendio minimo in Italia, dove si può dunque affermare che un salario minimo valido per differenti categorie di lavoratori, non esiste, almeno per adesso.
Introdotto già in 21 Paesi europei su 27, in Italia, come anche in Danimarca, Cipro, Svezia, Finlandia e Austria, il salario minimo non esiste ancora, sebbene l’articolo 36 della Costituzione affermi che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Il dibattito però è molto accesso tra le forze politiche e sociali. C’è infatti chi ritiene che lo stipendio minimo sia necessario per tutelare i lavoratori e garantire dignità, chi invece ritiene che il sistema esistente che lascia alla contrattazione collettiva la sua definizione sia sufficiente. A livello europeo la soglia del salario minimo è stata definita a 9 euro l’ora. Se anche l’Italia aderisse alle linee guida europee potrebbe essere la svolta verso una maggiore garanzia di tutela per quei 4,6 milioni di lavoratori italiani non coperti dalla contrattazione collettiva

Lo strumento per trovare lo stipendio giusto in Smart Working

Il lavoro sta cambiando modalità diventando più fluido, più mobile, grazie alle tecnologie digitali. In questo new normal serve sviluppare una strategia di resilienza. Ciò potrebbe significare anche essere pronti a cambiare città abbracciando lo Smart Working. Tutto entusiasmante sino a qui, ma i problemi non tardano ad arrivare. C’è infatti una corrente di pensiero che associa lo stipendio all’economia locale dove si trova il lavoratore che ha scelto di operare da remoto, e non esclusivamente in base alle sue competenze. Tutto ciò lascia intravedere scenari non proprio confortanti. Che logica sussiste dietro alla scelta del “ti pago per dove vivi, non per gli obiettivi di lavoro che riesci a raggiungere”, risultato di impegnativi investimenti nella propria formazione? Ad ogni modo, questa pare sia la scelta anche intrapresa da Google.

È in questo contesto che Google ha sviluppato il Work Location Tool, la piattaforma per trovare lo stipendio giusto quando si lavora a distanza. Si tratta di un sistema per la verifica stipendio: lo strumento consente infatti di calcolare la retribuzione e i benefit per il lavoro a distanza e come questi cambierebbero se ci si trasferisse in un posto più economico o più costoso. Come riporta la testata Cnet da sempre vicina a Big G, se i dipendenti di Google richiedessero di trasferirsi, i loro compensi verrebbero adeguati alle tariffe locali. Per molti dipendenti che lavorano a San Francisco o New York, ciò potrebbe significare una diminuzione dello stipendio se si spostassero in aree meno commerciali. Il nuovo software dunque mostrerà ai dipendenti le stime di come i loro stipendi potrebbero cambiare a seconda della posizione.

*Articolo pubblicato originariamente a giugno 2021 e sottoposto a successive revisioni e aggiornamenti.

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